Caso di scabbia all’ospedale AGP di San Felice a Cancello, ne hanno parlato i giornali e ultimamente anche il direttore sanitario Ubaldo Taddeo ha inviato una missiva ufficiale al sindaco Pasquale De Lucia: “che purtroppo da “giornalisti” poco professionisti vengono pubblicate rivelazioni ovvero segreti coperti camuffati da malcelata maldicenza che già ho 11850648_860545930702996_2732522363156408051_osmentito …”

Lungi da noi entrare nella questione, vogliamo semplicemente comprendere meglio cosa sia la scabbia e come si trasmette, proprio perché la natura del nostro blog vuole essere quella divulgativa di cultura e politica.

Scabbia è una parola di origine latina che indica il grattamento, infatti la scabbia provoca un intenso prurito. La definizione: “Ectoparassitosi molto contagiosa, intensamente pruriginosa, caratterizzata dalla presenza di cunicoli superficiali e dalla tendenza all’impetiginizzazione”. Ora detta così fa impressione, in realtà  non è una malattia grave anzi per nulla, e una comune infezione e si evita e cura facilmente. Quindi diciamo subito agli ipocondriaci: non si muore di scabbia.

Cosa provoca la scabbia? E’ un acaro il Sarcoptes Sciaibei, un animaletto lungo qualche millimetro, parente dei ragni, che acarovive in pratica sulla nostra pelle; ora questa bestia, o meglio le femmine, scavano un cunicolo nella pelle profondo giusto pochi millimetri per deporre le uova, e questo appunto provoca un prurito veramente fastidioso. Le parti del corpo da tenere sotto controllo sono gli spazi interdigitali, le superficie flessorie dei polsi, i gomiti, le pieghe ascellari, le aureole mammarie, i genitali e i glutei. E’ molto contagiosa, nel senso che con il semplice contatto fisico, spesso attraverso i rapporti sessuali, si trasmette il parassita; il contatto con gli indumenti o altro è un po’ più difficile che si arrivi al contagio, quindi in genere chi ha la scabbia la trasmetterà molto facilmente pure ai familiari ed infatti la terapia coinvolge spesso tutto il nucleo familiare.

Bisogna a questo punto eliminare, alla radice si spera, alcuni luoghi comuni che riguardano la scabbia. Innanzitutto è una malattia presente in tutto il mondo e colpisce e può essere trasmessa da chiunque, non c’è né età o razza o condizione sociale che possa tenerle testa. Anzi forse in occidente, pare che la scabbia sia tornata in auge grazie al turismo sessuale.

Certamente l’igiene conta, ma bisogna dire che non serve a nulla essere un maniaco della pulizia personale se si entra in contatto fisico con chi ha la scabbia, anzi addirittura una doccia calda peggiora le cose, visto che questi animaletti microscopici proliferano in condizioni di caldo, ovviamente non deve essere eccessivo poco sopra i 38° altrimenti muoiono.

Certo fa sensazione che il fatto sia avvenuto in ospedale, ma non è poi così strano, visto che l’infezione tende a propagarsi proprio in ambienti chiusi, pure se di ottimo livello igienico, come detto non è l’igiene che ferma il contagio con l’acaro, infatti una variante molto “aggressiva” è la scabbia norvegese, abbiamo delle difficoltà a considerare i norvegesi sporchi. Quello che è successo all’Agp non è nulla in confronto a Latina, un paio di anni fa, precisamente all’ospedale Santa Maria Goretti, furono ben 32 contagiati tra pazienti, familiari e personale ospedaliero, vi fu pure un decesso di un’anziana donna di 78 anni, ma il quadro clinico della signora era già ampiamente compromesso. Quest’anno in Luglio ben quindici casi di scabbia a Bari tra il personale, ed è stato chiuso il reparto di cardiologia. A Pisa otto infermiere furono contagiate da un unico paziente nel Novembre dello scorso anno.

I soggetti a rischio sono coloro che hanno stretti contatti fisici con altri, come bambini, madri, soggetti con intensa attività sessuale.

L’importante se si ha qualche dubbio di contattare immediatamente il dermatologo, evitando quindi i trattamenti fai da te, ci sono dei pazzi che hanno provato a curarsi addirittura con il cherosene.

Chi timor non avea di rogna o scabbia l’ha trovata; ei la vuole, egli se l’abbia. (cit Cristoforo Poggiali)

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