Stamani al Majorana-Bachelet il magistrato che ha scritto, non solo metaforicamente, il processo Spartacus, Raffaello Magi, tra le altre cose anche autore del bel libro “Dentro la Giustizia”.raffaello magi

Onori di casa ovviamente della dirigente scolastica Sgambato: “Do il benvenuto al giudice Raffaello Magi, un’opportunità e un onore che non si ha tutti i giorni, ringrazio anche Libera per l’aiuto che ci ha dato … è stato considerato il giudice di Gomorra, nella locandina abbiamo riportato tutti i  numeri di un processo paragonabile solo al maxiprocesso di Palermo, processo che si è protratto dal ’99 al 2010, che ha visto contrapposti lo Stato e il clan dei casalesi … questo processo ha riacceso la speranza tra i giovani e uno di quelli all’epoca era Roberto Saviano che diceva “è stata la mia speranza …”

Il giudice Magi ha davvero in poco più di mezz’ora portato all’attenzione degli studenti la contrapposizione dei clan come gruppi di persone che si muovono individualmente per il proprio tornaconto personale senza avere il senso di appartenenza, di amicizia, di cultura, e dall’altro lato il senso dello Stato dove forte è il senso di appartenenza e di senso della collettività:
“In questo percorso che vede lo Stato come organo collettivo che tende a promuovere ed assicurare i diritti delle persone, si è inserito un virus individualista tendente alla sopraffazione e all’affermazione esclusiva dei proprio interessi.”

Interessante, secondo noi, è l’elemento psicologico che spinge una singola persona ad entrare in un clan e a farsi anti-stato, per Magi è proprio l’elemento culturale mancante che crea il camorrista e in secondo momento arriva la necessità dell’affermazione personale e di guadagno: “Non è semplice seguire il percorso della legalità, intesa sia come azione privata che collettiva, anche chi ha governato ha commesso tanti errori, si è portato dietro una mentalità non adatta alla tutela dei diritti collettivi … è venuta fuori quindi una tendenza di larghe fasce della società non solo legate a momenti di emarginazione economiche, ma in vari settori e ambienti che ha portato la gente a dire: ma  a me degli altri, della collettività, del fatto che se lo Stato funziona stiamo tutti meglio, io non ci credo. Da questo germe è venuto fuori la tendenza dei gruppi camorristici tesi a proteggere e promuovere in modo illegale i loro interessi … sfruttando la voglia dei ragazzi di affermarsi anche economicamente senza sudore e senza impregno, senza sfruttare le proprie potenzialità ma solo con la sopraffazione e la violenza. Questo è il modello culturale alternativo”.

Per Magi proprio l’assenza di un forte elemento culturale condiziona la vita anche all’interno di un clan: ” Ci sono amici e nemici, ma gli amici so pochissimi, se pensi di averne nel clan degli amici, dopo una settimana te li puoi ritrovare come nemici; tutte le storie delle organizzazioni criminali in Campania sono storie di capi che prima o poi sono uccisi ed eliminati dai precedenti sotto-capi; perché manca la cultura, manca la capacità di pensare e di credere in un meccanismo collettivo di divisione delle risorse. E’ un circuito che non finisce mai, alimentato da un vizio d’origine: pensare solo a se stessi, come il centro del mondo, come capaci di risolvere qualunque problema con il denaro o la violenza. Questo virus è stato dilagante così tanto che non c’è stato spazio per nessuno, fino ad arrivare nell’ambito degli scontri interni tra clan di arrivare ad uccidere un parroco all’interno della sua parrocchia a Casal di Principe nel giorno del suo onomastico.”

La giustizia per Magi, se vogliamo è un concetto semplice, ma forse fin troppo spesso dimenticato, ognuno di noi è un ingranaggio fondamentale nel sistema, non fosse altro per il fatto che seguendo il diritto non si creano processi che ingolfano la stessa: “La giustizia significa credere nel fatto che le azioni sbagliate altrui vengano sanzionate. Il problema è che questo alle volte non succede e quindi la gente non ci crede … però dobbiamo intenderci su una cosa, io non posso comportarmi bene solo se vedo che la giustizia arriva a risolvere determinati problemi, perché se non lo faccio io sono un ingrediente del fatto che la giustizia non arriva a risolvere tempestivamente dei problemi.”

Noi abbiamo per forza di cose sintetizzato il pensiero di Magi ma davvero è stato interessante e tante sono state poi le domande degli studenti. Una in particolare ci ha colpito anche perché appena qualche giorno fa è stato proprio oggetto di un nostro articolo, ovvero riguardo i beni confiscati se non fosse meglio destinarli in qualche modo alla risoluzione della disoccupazione giovanile. Così Magi: “E’ un tema sul quale si sta lavorando tanto, quando noi entriamo però nelle realtà economiche gestite dalla camorra non sono a norma, non pagano contributi o la lavorazione della merce è fatta con materiale scadente … quindi c’è il problema di immetterle nel mercato in modo competitivo legale, ma facendo così entrano nel mercato in posizione già debole rispetto alle altre aziende presenti. Ma questo è qualcosa che dobbiamo cercare di migliorare con il tempo.”


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